BARBARA RONCHI: «POSSIAMO CAMBIARE VITA E PRENDERE LA FELICITÀ CHE MERITIAMO: LO RACCONTA “SETTEMBRE” ED È SUCCESSO ANCHE A ME»
di Elisa Grando
Al primo David di Donatello come Miglior attrice protagonista, Barbara racconta quando ha avuto il coraggio di scegliere ciò che amava, la recitazione. E perché ha lanciato dal palco il suo messaggio importante a sostegno di Amleta e di tutte le lavoratrici dello spettacolo
«Amore, mamma ha vinto il David!»: così Barbara Ronchi ha esultato sul palco stringendo il David di Donatello come Miglior attrice protagonista. Il figlio Giovanni, a casa, però, era già a letto: «Ha quasi cinque anni. La mattina, dopo aver dormito tre ore, mi sono alzata per accompagnarlo all’asilo e ha visto il David sul tavolo della cucina: “Mamma è bellissimo, ci possiamo giocare?”». Così inizia il giorno dopo la vittoria per Barbara Ronchi, «felice e sbalordita», al suo primo David per Settembre, il film con il quale anche Giulia Steigerwalt ha vinto per il Miglior esordio alla regia. È il suo primo ruolo da protagonista dopo molti film importanti, come Fai bei sogni di Bellocchio a Cosa sarà di Francesco Bruni. E con Bellocchio sta per volare in concorso al Festival di Cannes, nel cast del film Rapito: interpreta Marianna Mortara, la mamma di Edgardo, il bimbo ebreo che nel 1858 fu strappato alla sua famiglia per essere allevato da cattolico sotto la custodia di Papa Pio IX, suscitando un caso internazionale.
Sul palco ha detto che è stato un onore vedere una regista sbocciare: Settembre vi ha fatto sbocciare insieme?
«Quando fai parte di un’opera prima è come se una famiglia si formasse: Giulia e io ci siamo sempre sostenute. Come ho detto sul palco, è stato un onore vedere una nuova regista sbocciare. Il film parla della possibilità di cambiare vita: Francesca sente che può toccare quella felicità che vede così lontana, non sa nemmeno se la merita o se rimanere in una vita che non le piace più. Forse ci meritiamo qualcosa di meglio che magari è vicino a noi, ma non abbiamo il coraggio di afferrarlo».
A proposito di grandi cambiamenti, qual è stato il suo più rivoluzionario?
«Quando mi sono detta che volevo fare l’attrice. Mi ero laureata in archeologia classica, ero pronta per iniziare il dottorato, ma la recitazione mi aveva sempre accompagnato, ho fatto laboratori di teatro dalle scuole elementari. Sentivo che avrei voluto farlo tutto il giorno, ma non avevo il coraggio di dirmelo. Poi per caso, durante uno spettacolo in una parrocchia, sono venuti degli insegnanti dell’Accademia che mi hanno chiesto se avessi mai pensato di fare l’attrice. Lì mi sono detta: forse posso dare un giro di vite alla mia vita. Avevo 24 anni».
C’è voluto ancora qualche anno per approdare al cinema…
«Ho lavorato molto in teatro con Carlo Cecchi, Valerio Binasco, Fausto Paravidino. Poi, grazie alla casting director Stefania de Santis, ho interpretato Fai bei sogni di Marco Bellocchio: lì è cominciato tutto. Ero la madre del protagonista Massimo, che a un tratto scompare e diventa un pensiero fisso nella mente di questo ragazzo che diventa uomo: un ruolo bellissimo».
Dal palco del David ha voluto dare anche il suo sostegno ad Amleta, perché?
«Sta facendo un grande lavoro, ha raccolto più di 230 denunce da parte di attrici e lavoratrici dello spettacolo in teatro, al cinema e in televisione. Le dichiarazioni di questi giorni di Luca Barbareschi mi sono sembrate indelicate e una mancanza di rispetto nei confronti di tutte noi. Non mi aspettavo di vincere il David altrimenti mi sarei preparata un discorso più articolato, ma sono stata contenta di aver lanciato, in un lampo di lucidità, il mio sostegno a tutte le lavoratrici dello spettacolo».
Tra pochi giorni con Bellocchio sarà al Festival di Cannes: come vive questo momento così pieno di soddisfazioni?
«Sono molto felice. Nel nostro lavoro ci sono tanti momenti, anche di attesa, di alti e bassi che ci sono stati, che torneranno. Ma i momenti belli è sempre il caso di festeggiarli».