LA SERISSIMA, IRONICA MODERNITÀ DI LUCIANO SALCE
di Andrea Pergolari
La formazione e lo sguardo fuori dall’Italia, l’esperienza trasversale fra teatro, tv e radio, il suo cinema eclettico e caustico capace di raccontare la crisi: il 25 settembre 2022 Luciano Salce avrebbe compiuto cento anni, eppure non smette di essere moderno. Lo racconta per David News Andrea Pergolari, curatore della mostra e del catalogo “Luciano Salce, L’ironia è una cosa seria - Edizione Centenario” che racconta il percorso artistico e privato del regista attraverso 130 foto, un ricordo del figlio Emanuele, tre interventi storico-critici di Alberto Anile, dello stesso Pergolari e Mario Sesti, e una scelta di testi dello stesso Salce
Cento anni e non sentirli.
Tra gli esponenti del nostro cinema di commedia del XX secolo, Luciano Salce è uno dei più moderni e attuali. Moderno nello stile e attuale nei temi. A differenza della maggioranza dei suoi colleghi più o meno coetanei (anzi, forse della totalità), Salce non si è formato nelle redazioni dei giornali umoristici, né ha subito l’esperienza del neorealismo: nei primi anni del dopoguerra, quando trionfavano Rossellini, De Sica e Visconti, si formava come allievo regista all’Accademia d’Arte Drammatica e poi trasvolava in Brasile, chiamato dall’amico Celi, a rifondare il teatro e il cinema di San Paolo. E quando a metà degli anni ’50 è tornato in Italia, è tornato per lungo tempo a rivolgersi al teatro, a costruire il cabaret da camera dei Gobbi, e a frequentare il cinema come caratterista comico. Non c’è dubbio dunque che formazione e predilezioni (per gli autori francesi e americani) abbiano contribuito a sprovincializzare il suo punto di vista, a creare un metodo di lavoro e di regia che portasse con sé un senso del ritmo armonico e quasi musicale nella composizione delle scene e che avesse la curiosità di gettare uno sguardo oltre i confini italiani: quando Salce inizia a fare il regista di cinema in Italia, ha gli occhi ben puntati sulle novità di linguaggio della Nouvelle Vague francese e del Free Cinema inglese, cioè su un cinema libero di temi e di espressioni. Pratica perciò un tipo di commedia dalla forma aperta, libera nel racconto e nelle soluzioni stilistiche, pronta a sperimentare nuove tecniche di linguaggio e a rinnovarsi nel tempo, anche nel rapporto con gli attori e con gli ambienti (La voglia matta, La cuccagna, Le ore dell’amore, Ti ho sposato per allegria, Colpo di stato, Basta guardarla, Alla mia cara mamma nel giorno del suo compleanno, Fantozzi sono le tappe capitali di una forma sempre rigenerata): è un cinema spesso di contaminazione, di temi ed espressioni, che fa suo l’eclettismo dell’artista. Salce si muove agilmente e con grande proprietà tra cinema, teatro, tv e radio, dietro e davanti alla macchina da presa e alle telecamere: ha una cifra caustica e maliziosa che riesce a esprimere anche mettendosi in gioco personalmente, con la sua fisionomia irregolare, il sorriso sardonico e un modo di porgersi che sembra sempre scherzare sia su se stesso, sia su ciò che dice.
La sua opera è quindi un monumento all’ironia e all’autoironia, al distacco critico da cose, fatti e personaggi e anche dall’autobiografismo, tanto spesso frequentato sul set. Partendo spesso da copioni e testi altrui, Salce riesce ad annetterli alla propria sensibilità, a farli propri con una visione della realtà che è sistematica e quanto mai organica. Con aria svagata e passo leggero (molto contano gli apporti in sede di scrittura di Castellano e Pipolo prima e di Benvenuti e De Bernardi poi), i suoi sono spesso racconti di crisi, più della media della commedia all’italiana, che ha l’ambizione di far ridere sul dramma: sulla tela di relazioni dei personaggi si intesse un pessimismo malinconico che spesso può essere scambiato per cinismo (Il federale, La voglia matta, Le ore dell’amore, Colpo di stato, Fantozzi) e talvolta si apre invece a squarci inaspettati di improvvisa e ottimistica vitalità (Ti ho sposato per allegria, Basta guardarla, Il belpaese). Anche perché il disorientamento dei personaggi si accompagna alla sfiducia nel progresso delle umane scienze e, in un umorista che ha affrontato spesso la commedia sentimentale e la satira politica perché interessato alle relazioni di coppia e al rapporto tra l’individuo e la società di massa (Il federale, La pecora nera, Colpo di stato, Il Prof. Dott. Guido Tersilli, Il sindacalista), gli unici momenti di felicità nascono dalla piena accettazione di sé, e dall’isolamento da ogni conflitto sociale.
Regista di crisi, inquieto e irrequieto, sperimentatore e sottilmente provocatore, capace di mettere in discussione qualsiasi verità e in primis la propria: nasce da qui la modernità e l’attualità di Luciano Salce.