SWAMY ROTOLO, DAI BANCHI DI SCUOLA AL DAVID COME MIGLIOR ATTRICE CHE LA FA ENTRARE NELLA STORIA: «PENSAVO FOSSE IMPOSSIBILE»
di Elisa Grando
A 17 anni, con A Chiara di Jonas Carpignano, è la più giovane vincitrice del Premio come Miglior Attrice Protagonista al David di Donatello: «Non me l’aspettavo: è una cosa più grande di me. Recitare con la mia famiglia è stato divertente, ma in scena non riuscivo a fumare davanti a mio padre». Ecco come guarda al futuro dopo la vittoria
«Ho capito di voler fare l’attrice quando ho sentito che il set mi mancava. Ho visto dei backstage del film e ho pensato: devo continuare. Non posso fermarmi». Swamy Rotolo ha 17 anni e con quel film che già le manca, “A Chiara” di Jonas Carpignano, ha stabilito un record: è la più giovane vincitrice del premio come Miglior Attrice Protagonista nella storia dei David di Donatello. Fino a qualche mese fa, forse, non l’avrebbe mai nemmeno immaginato. Swamy frequenta la quarta all’Istituto di Istruzione Superiore di Gioia Tauro, si diplomerà in Biotecnologie Sanitarie. Ma ora molte cose sono cambiate. E quando le si chiede del futuro, risponde con il respiro largo della sua giovane età: «Ho 17 anni, il mio futuro è vasto. Spero di lavorare nel mondo del cinema. Quest’estate faccio un corso di dizione e, una volta diplomata, vorrei andare a Roma a studiare recitazione». Dopo aver ricevuto il David è tornata a casa a Gioia Tauro dove vive con il papà saldatore, la mamma casalinga e le sorelle: Carpignano ha voluto nel film la famiglia intera, una prima volta per tutti davanti alla macchina da presa.
Swamy, che effetto ti fa essere la Miglior Attrice più giovane mai premiata al David?
«Un mix di emozioni difficili da descrivere, ma tutte belle. Non mi aspettavo di vincere un premio così importante col primo film: è una cosa più grande di me. Pensavo fosse impossibile, le attrici con le quali ero candidata hanno molta più esperienza di me, ma evidentemente l’interpretazione del mio personaggio è stato molto apprezzato dai giurati dell’Accademia»
Cos’è successo quando hanno pronunciato il tuo nome dal palco?
«Ho sentito un vuoto allo stomaco, come se mi avessero dato un pugno. E poi ho pensato che dovevo abbracciare Jonas, i miei genitori e mia sorella, ma anche i miei zii che erano lì perché mia cugina era candidata per la miglior acconciatura. Era quasi una festa di famiglia».
Com’è andato il ritorno a scuola?
«Sono tornata a Gioia Tauro ma con la testa sono rimasta ancora a Roma. Nel centro storico, a Piano delle Fosse, mi hanno fatto una grande festa: mia zia ha riprodotto il red carpet che c’era a Cinecittà. Ma coi compagni di scuola sono sempre la stessa Swamy».
Come hai lavorato con Jonas?
«Scoprivo giorno per giorno la stesura del film, non avevo un copione. Il personaggio di Chiara mi somiglia caratterialmente: Jonas ha preso spunto da me, e mi ha diretta verso il personaggio che aveva scritto in sceneggiatura. Sa cosa mi fa irritare, cosa mi fa divertire. Chiara compariva anche in A Ciambra, ma in una piccola scena. Era una bambina normale come tutte le altre, mentre qui prende vita».
Non hai mai studiato recitazione: come hai modellato il personaggio?
«Il film racconta la vita di una ragazza il cui padre fa un lavoro affiliato con la ‘ndrangheta. Conosco gente alla quale è successo quello che è successo a Chiara. E so che cosa succede a Gioia Tauro, è la storia del mio paese, ma in 17 anni di vita non ho mai visto una sparatoria. Questo è il punto di vista di una ragazzina, non della mafia».
Nel film la famiglia di Chiara è interpretata dalla tua stessa famiglia. Com’è stato recitare con tuo padre, tua madre e le tue sorelle?
«Mi viene facile litigare con loro, succede anche nella vita (ride, ndr.). L’aspetto più duro è che quando tornavamo da lavoro ci vedevamo anche a casa, non c’era distacco. È stato un periodo un strano ma ci siamo divertiti sul set».
La scena più difficile?
«Dove fumo di fronte a mio padre: ero imbarazzata, non ci riuscivo. Stavo recitando ma ero davanti al mio vero papà: un contatto tra vita reale e film».
Quali sono le attrici che ammiri di più?
«Alba Rohrwacher: ho avuto la fortuna di conoscerla, è una persona autentica. Mi è piaciuto molto anche Le meraviglie di Alice Rohrwacher. Sento di avere qualcosa in comune con quella storia di una famiglia tradizionale, con tre sorelle, la cui vita prende un ritmo diverso con l’arrivo di una troupe».
Quali sono i miti della tua generazione?
«Zendaya, anche per gli argomenti che affronta con Euphoria, tematiche importanti per i giovani che non si sono viste spesso in televisione, forse in solo in una vecchia serie britannica che si chiama Skin».
Quali sono i ricordi più forti che conserverai della notte della premiazione?
«Stare in contatto con le attrici, gli attori, i registi e le registe italiani. Con Toni Servillo c’è stato un meraviglioso confronto allievo-maestro, Laura Samani l’avevo già conosciuta ad un festival e abbiamo un bellissimo rapporto».