SPECIALE ASPETTANDO IL DAVID69


MILENA VUKOTIC: «DI FANTOZZI E PINA È PIENO IL MONDO» di Elisa Grando

Ai David69 l’attrice riceverà il Premio alla Carriera: ha attraversato sessant’anni di cinema entrando nell’immaginario del pubblico non solo nel ruolo iconico di Pina Fantozzi, ma anche nei film di tanti grandi autori, da Fellini a Monicelli, da Buñuel a Lina Wertmüller. Spesso nel ruolo di donne succubi ma, dice, «sono caricature senza tempo. Lavorare su questi personaggi è mettere continuamente in gioco la realtà in modo grottesco». Anche se continua a calcare in tournée i palchi di tutta Italia, il suo sogno più grande rimane il grande schermo: «Il mio cuore batte dalla parte del cinema» 


«Ancora quasi non ci credo, mi chiedo come sia possibile»: Milena Vukotic è sorpresa ed emozionata al pensiero di ricevere, tra pochi giorni, il Premio alla Carriera ai David di Donatello. Eppure ha attraversato con grazia e ironia sessant’anni di cinema italiano entrando nell’immaginario del pubblico non solo nel ruolo iconico di Pina Fantozzi, ma anche diretta da Fellini, Monicelli, Buñuel, Scola, Risi, Verdone, Özpetek. E ha già ricevuto tre nomination al David come Miglior attrice non protagonista: nel 1983 per il film Amici miei – Atto II riceve un’altra candidatura ai David, nel 1991 per Fantozzi alla riscossa di Neri Parenti, nel 2014 per La sedia della felicità di Carlo Mazzacurati. Ha fatto il grande cinema, la tv popolare e moltissimo teatro, anche con Strehler e Zeffirelli. «Il pubblico in provincia è molto bisognoso di teatro ma è durissimo fare questa vita da matti, da zingari. Ho la consapevolezza però che non avrei potuto fare altro».

Però iniziò dalla danza. Come decise di dedicarsi alla recitazione?
«Ho cominciato con la danza molto presto, a Londra e poi a Parigi. In questo periodo di studio prendevo dei corsi di teatro in francese. Siccome avevo bisogno di lavorare sono entrata in una compagnia come ballerina, viaggiando per molti anni all’estero. Poi ho visto “La strada” di Fellini: ho sentito un grande cambiamento nell’animo. E ho deciso, siccome sono sempre un po’ avventata, di continuare il teatro in Italia e soprattutto provare con il cinema».

Qual è il suo primo ricordo importante di set?
«È stato con Fellini. Finalmente ero riuscita ad incontrarlo e mi aveva fatto fare una partecipazione a Giulietta degli spiriti. Lui è rimasto il centro di tutto quello che ho potuto sviluppare nella vita».

Lei ha lavorato con i più grandi, Risi, Fellini, Scola, Wertmüller, Lattuada, Tarkovski, Ozpetek, Buñuel, l’ha capita particolarmente come attrice?
«È difficile dirlo, perché ogni volta c’è un incontro particolare. Con Buñuel ho fatto i suoi tre ultimi film, sempre in partecipazioni particolari, ma quando si ha a che fare con questi grandissimi artisti tutto diventa importante. Forse uno dei primi veri successi è stato il film di Alberto Lattuada Venga a prendere il caffè da noi, dove con le mie sorelle eravamo tre emblemi della bruttezza».

Eppure lei non è affatto brutta…
«Ma non ho un naso che corrisponde ai nasi di oggi,  tutti uguali, non ho un fisico di un certo tipo che conta nel cinema. Non ho mai corrisposto agli schemi. Mi ricordo quando ho incontrato Renato Castellani, al quale ero stata mandata da una sua aiuto regista che si era molto raccomandata per me. Subito Castellani mi aveva chiesto: “Sì, ma cosa vuoi fare?” Ho risposto che avevo studiato il teatro, volevo fare il cinema. Lui mi ha detto subito che per fare il cinema bisognava essere belli, cosa che io non ero. Bisognava avere la bellezza della Lollobrigida e della Loren, oppure una personalità prorompente come quella della Magnani. Mi disse insomma di rinunciare. Ma quando fece lo sceneggiato su Verdi mi chiamò per interpretare la contessa Maffei: non gli ho mai ricordato cosa aveva detto in passato. Ero giovane, e questa cosa mi ha segnata».

Cosa ha significato per lei Pina Fantozzi?
«Paolo Villaggio è stato un grandissimo interprete e inventore di una maschera che rimarrà nella storia. Per me è stato molto importante giostrarmi nel riflesso di quello che lui ha inventato, non solo la sua maschera ma anche tutti i personaggi intorno. Mi ha portato su un altro piano dal punto di vista della recitazione. La prima cosa che Paolo mi ha detto era che eravamo dei cartoni amati e che dovevamo confrontarci in questa direzione. Pina, come gli altri, è un personaggio reale portato al paradosso. Di Fantozzi e di Pina è pieno il mondo, camuffati da una cultura diversa».

Molte mogli di Amici miei, Venga a prendere il caffè da noi. Forse di un altro tempo ma nn sono passati?
«Perché tutto è visto in una maniera caricaturale. Il bello è che il lavoro su questi personaggi si trasforma in un gioco di bambini che riescono ad andare oltre alla realtà pur mettendola continuamente in gioco in un modo grottesco».

Un medico in famiglia per dieci stagioni Enrica, mogli epiù moderna
«È stata una bella occasione. La moglie di Libero, Lino Banfi, capovolge tutta l’apparenza degli altri personaggi che finiscono con Fantozzi, ma cominciano con i film di Lattuada e Monicelli. Sono sempre personaggi femminili patetici e abbastanza miserabili anche fisicamente. Enrica invece è una signora snob apparentemente così brillante, ma che nasconde dei dolori. È stato molto bello giocare sulla linea dello snobismo, vestirsi anche in modo più stravagante. È il gioco che noi attori abbiamo la fortuna di poter fare».  

C’è qualche desiderio che non ha realizzato?
«Di lavorare ancora tanto nel cinema. Il mio cuore batte forse più dalla parte del cinema: ci sono tanti registi con i quali non ho lavorato, e ci spero sempre. Del resto i sogni ci fanno vivere, e viviamo anche di sogni».