Foto di Giuseppe Di Caro e Giancarlo Gobbi
DAL DAVID ALL’OSCAR
di Elisa Grando
Dalia Colli, Francesco Pegoretti e Massimo Cantini Parrini raccontano l’emozione della candidatura agli Oscar per trucco, acconciature e costumi di Pinocchio: «È un onore rappresentare il cinema italiano nel mondo in un anno così difficile»
Quando lo scorso maggio Dalia Colli, Francesco Pegoretti e Massimo Cantini Parrini hanno vinto il David di Donatello 2020 per Pinocchio di Matteo Garrone, dai loro rispettivi divani di casa e in pieno lockdown, forse non immaginavano che quello sarebbe stato il primo passo di un percorso che li avrebbe portati dritti alle candidature per i Premi Oscar. L’Academy ha nominato Dalia Colli e Francesco Pegoretti per il miglior trucco e acconciatura, Massimo Cantini Parrini per i migliori costumi. La cerimonia si terrà a Los Angeles il 25 aprile: insieme a Laura Pausini, candidata per la miglior canzone con Io sì per il film La vita davanti a sé di Edoardo Ponti, Dalia Francesco a Massimo rappresenteranno ai Premi Oscar la grande arte del cinema italiano: «È un onore, soprattutto in questo anno così difficile», dicono.
DALIA COLLI
Il giorno in cui sono state rivelate le candidature ai Premi Oscar, Dalia Colli stava guidando da Livorno, dove vive, verso Roma, dove sta lavorando al film di Renato De Maria Robbing Mussolini. «Ho sentito il telefono che squillava: quando mi hanno dato la notizia mi sono dovuta fermare perché mi tremavano le gambe», racconta.
La nomination degli Oscar, per la truccatrice, ha un significato particolare: «La statuetta, se mai la vincerò, darà un corpo materico a tutti gli sforzi che ho fatto per continuare in questo lavoro con la mia famiglia e mia figlia. In Italia e in tutto il mondo il messaggio è che le donne devono stare a casa con i figli: un lavoro che ti porta via da casa ti fa spesso additare come una mamma assente. Io sono fortunata perché ho una famiglia stupenda e mia figlia è serena: questa nomination è la prova che il tempo passato lontano da loro non è stato perduto».
Quello per Pinocchio è il suo terzo David come miglior truccatrice, dopo i premi per Reality e Dogman. «L’anno scorso, durante il primo lockdown, ha perso valore qualsiasi altra cosa che non fosse la vita. La gioia di essere premiati però è stata la stessa, con la comodità di vincere un David sul divano in pigiama!». Il lavoro con Mark Coulier, che ha studiato il trucco prostetico, è stato minuzioso: «Matteo chiedeva un estremo realismo in un mondo di fiaba. Il trucco più impegnativo forse è stato quello del Gatto e la Volpe, i personaggi più antropomorfi. Ho preso i calchi delle mani degli attori per modellarci sopra unghie ibride fra l’umano e l’animale: ho fatto 50 repliche per unghia. Dopo che il reparto di Mark applicava piccole parti prostetiche, io finivo con peli finti, cicatrici, sopracciglia allungate. La fatina, invece, doveva avere una sorta di bellezza nella morte, sia materna che inquietante: ho riportato in questo make-up i ricordi del Pinocchio letto da bambina».
FRANCESCO PEGORETTI
«Quando ho vinto il David per Il racconto dei racconti ero in smoking alla cerimonia, l’anno scorso ero in tuta, solo dentro casa a vedere la televisione. Ma è stata un’emozione bellissima, in quel momento in cui era tutto fermo, anche il lavoro», racconta Francesco Pegoretti, premiato al David 2020 come miglior acconciatore, ora impegnato nella seconda stagione della serie americana Carnival Row.
«Anche le nomination dell’Oscar le ho guardate da casa: ho fatto un salto sul divano, non avrei mai pensato che potesse capitare a me. Non sappiamo ancora come si svolgerà la cerimonia, ma va bene comunque: in un momento difficile in cui tanta gente soffre, mi sento già abbastanza fortunato».
Le acconciature di Pinocchio sono nate dallo studio delle illustrazioni tradizionali della fiaba di Collodi realizzate da Enrico Mazzanti, ma anche «dalle foto d’epoca, dai quadri dei macchiaioli. Le mie preferite sono le parrucche delle fate, per le quali siamo partiti dalle campionature di colore, e quella di Geppetto per Benigni. Con il laboratorio Rocchetti abbiamo realizzato delle parrucche e delle calotte di lunghezze diverse a seconda dei momenti della storia. La difficoltà era rendere la sua acconciatura vera, credibile, per rendere la povertà del personaggio: Geppetto doveva apparire vagamente come un clown povero, quindi ho recuperato la forma della testa dei pagliacci dell’Ottocento. La soddisfazione più grande è quando mi dicono che non ci si accorge che Benigni indossasse delle parrucche».
MASSIMO CANTINI PARRINI
La nomination all’Oscar ha raggiunto Massimo Cantini Parrini in mezzo a un parco: «Sto lavorando al film America Latina dei fratelli D’Innocenzo, e quel giorno ero a pranzo con la mia assistente nel parco. Il telefono ha cominciato a impazzire e ho capito che si trattava di qualcosa di importante: non avrei mai immaginato che potesse accadere».
La sua è già una carriera costellata di premi, fra i quali quattro David di Donatello: «I premi, grandi o piccoli, li metto tutti sullo stesso piano. È bello quando c’è attenzione sul tuo lavoro. Ma rappresentano anche sempre una nuova partenza perché danno visibilità e le persone, poi, si aspettano da te chissà quale miracolo». Anche il David 2020 come miglior costumista per Pinocchio è stato inaspettato: «Ero a casa davanti alla tv trepidante: quando Carlo Conti ha detto il mio nome, le persone intorno a me hanno cominciato a urlare».
Per creare i suoi costumi, dice Cantini Parrini, «parto sempre da una ricerca: bisogna sapere a menadito la storia del costume per poterla stravolgere. Per Pinocchio ho raccolto molto dalla cultura e dalla vita popolare e rurale della Toscana dell’Ottocento. Ogni costume ha un’ispirazione diversa: il Gatto e la Volpe hanno raccattato vesti distrutte di ex nobili, la Lumaca ha il colore della lentezza e della calma, il malva. Per la Fatina ho preso ispirazione dalle Catacombe dei Cappuccini a Palermo, con tutti i cadaveri vestiti con abiti impolverati e rotti. Pinocchio è l’unica nota di colore: lo rappresenta il rosso, che racchiude tutte le emozioni, rabbia, amore, dolore».