ADDIO A LANDO BUZZANCA: LA SUA ARTE OLTRE OGNI CLICHÉ
di Elisa Grando
Buzzanca, scomparso il 18 dicembre, era stato candidato come Miglior Attore Protagonista ai Premi David di Donatello per I Vicerè. Da Il merlo maschio a Homo Eroticus ha incarnato meglio di chiunque altro lo stereotipo virile del maschio italiano. Ma nel cliché macho dei suoi personaggi, tenuto a distanza con l’arma dell’ironia, si annidava sempre l’inadeguatezza di uomini che non riuscivano ad adattarsi al cambiamento d’immagine della mascolinità. E anni dopo, come solo un grande attore sa fare, quegli stessi cliché aveva deciso di abbatterli tutti
Lando Buzzanca, scomparso a Roma il 18 dicembre a 87 anni, ha attraversato da protagonista una stagione irripetibile del cinema e del costume italiano. Nel 2008 è stato candidato ai Premi David di Donatello come Miglior Attore protagonista per I Viceré di Roberto Faenza, tratto dal romando di Federico De Roberto: un’epopea ottocentesca su una famiglia nobile siciliana a un passo dalla caduta dei Borboni, nella quale Lando incarnava il tirannico Principe Giacomo, un personaggio che pareva cucito addosso al suo istrionismo. Erano gli anni in cui Buzzanca si era riavvicinato al cinema e al serial televisivo dopo una lunga assenza, scegliendo di cambiare pelle rispetto ai ruoli del passato che l’avevano reso un’icona: lo stereotipo dell'uomo siciliano sanguigno e geloso, e la star delle commedie sexy degli anni ’70. Il primo a sceglierlo fu Pietro Germi per Divorzio all’italiana, nel 1961, e poi per Sedotta e abbandonata. Lavora con Totò, Dino Risi, Bruno Corbucci, Steno, Antonio Pietrangeli, Luciano Salce (che lo dirige in Io e lui, tratto da Moravia). Nel cliché macho ed erotico dei suoi personaggi però, tenuto a distanza con l’arma dell’ironia, si annidava sempre l’inadeguatezza di uomini che tentavano di adattarsi, spesso fallendo, al cambiamento in atto nell’immagine della mascolinità. L’aneddotico Il merlo maschio del film di Pasquale Festa Campanile, che nel 1971 gli aveva regalato il successo internazionale, era un violinista frustrato che tentava di guadagnare la considerazione dei colleghi mostrando loro le immagini osé della moglie esibizionista, mentre il suo Homo Eroticus, nel film di Marco Vicario sempre del 1971, è un siciliano che sfoga i suoi appetiti di letto con le signore borghesi di Bergamo ma viene anche trattato come un freak, per la particolarità dei suoi organi sessuali. Accanto alle sue maschere piccanti, negli anni ’70 diventa paladino del sabato sera televisivo insieme a Delia Scala nel varietà Signore e signora: per lui, la popolarità ha uno spettro ampio, che va dai pruriti più inconfessabili ai salotti degli italiani. E approda a ruoli inaspettati e pionieri, come il commissario che si confronta con l’omosessualità del figlio poliziotto nella miniserie Rai Mio figlio del 2005, una delle prime ad affrontare in prima serata tematiche LGBT. Ma, del resto, a Buzzanca sullo schermo piaceva spiazzare: ora continuerà a farlo dai suoi film, più di cento, fino all’ultimo Chi salverà le rose? di Cesare Furesi, dove per la prima volta interpretava un omosessuale. Perché solo un grande attore può incarnare i cliché più radicati, e poi decidere di abbatterli tutti.